Famiglia

Gioco d’azzardo patologico. Nel Senese una comunità di recupero

Secondo una ricerca Eurispes, 2 adulti su 100 in Italia sviluppano questa patologia. Una spirale che, oltre all’interessato, coinvolge drammaticamente anche...

di Redazione

È un esercito silenzioso, quotidianamente alle prese con un ?male? spesso difficile da estirpare: il gioco d?azzardo patologico. Secondo alcune stime dell?Eurispes circa 2 adulti su 100 in Italia sviluppano questo rapporto problematico con il gioco d?azzardo trascinando in questa spirale anche la propria famiglia oltre che se stesso. Perché il giocatore d?azzardo, oltre ai problemi di carattere finanziario, si trova a dover fare i conti con altri effetti collaterali: alti tassi di insonnia, disturbi gastrointestinali, problemi cardiaci, ipertensione arteriosa e cefalea; particolarmente gravi i disturbi d?ansia e depressivi, con un aumento sensibile del rischio di suicidio: dal 48 al 70% dei giocatori patologici pensa al suicidio e dal 13 al 20% lo tenta. Senza poi contare la disgregazione del nucleo familiare, l?allontanamento dagli amici, l?isolamento. Una spirale senza sbocchi, un vicolo cieco. «Il vero dramma del giocatore d?azzardo patologico è quello di isolarsi, di non ?emergere?; difficilmente chi ha questo tipo di patologia prova a rivolgersi a qualcuno», ha sottolineato Riccardo Zerbetto, psichiatra e psicoterapeuta, membro della commissione consultiva presso il ministero della Salute sulle dipendenze patologiche. Dal suo impegno sul tema ha aperto i battenti da pochi giorni una comunità vicino a Siena che accoglie persone con questo tipo di disturbo. Al progetto collaborano anche la Regione Toscana e altri enti locali. «Sono numeri preoccupanti», ha ribadito l?assessore regionale alle Politiche sociali, Gianni Salvatori, «che ci hanno spinto ad intensificare il nostro lavoro e a trovare collaborazioni con realtà che già operano da tempo.

La comunità senese è il primo esempio concreto di intervento in favore di persone alle prese con questa patologia. Devo aggiungere che la stessa sensibilità dovrebbero però mostrarla anche i gestori, dovrebbero essere i primi ad intervenire nei casi di situazioni di disagio particolarmente evidenti ». La comunità si chiama Orthos e per il momento accoglie le prime nove persone, ospitate in un casolare a Monteroni d?Arbia, nella campagna senese. La giornata tipo è scandita da tutta una serie di attività che hanno lo scopo di far trovare a queste persone l?equilibrio perduto, a risvegliare in loro la voglia si sentirsi di nuovo parte della società. Sveglia alle 7 e mezza, riassetto del proprio letto e della stanza, colazione insieme ai compagni, meditazione, studio, attività lavorative, pranzo, riposo, attività in gruppo, cena e gioco serale. Il ciclo dura in tutto tre settimane, al termine i pazienti saranno seguiti per un anno da parte di terapisti, con due richiami e controlli periodici.

Recentemente si è tenuto a Siena un convegno sul Gap dal titolo Giocarbene, organizzato da Regione, Comune di Siena e Comunità Orthos. Oltre al confronto tra studiosi ed operatori è stata messa a punto una strategia per l?attivazione di iniziative concrete. Tre le direttrici: prevenzione, formazione e trattamento. La prevenzione punterà a campagne di informazione e sensibilizzazione, destinate soprattutto ai giovani, che promuovano una cultura del gioco capace di valorizzarne le potenzialità ma anche di far crescere un atteggiamento consapevole e critico riguardo i rischi ma anche al coinvolgimento attivo dei gestori affinché, come già avviene in altri Paesi, possano esercitare un primo filtro dissuasivo nei confronti dei giocatori problematici, contenere le forme autodistruttive e, in caso, indirizzare il giocatore verso operatori preparati.

Info: www.comunitaorthos.it – tel.3939502995

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